Il disegno é un grande strumento per il coaching. Lo utilizzo spesso nella fase di indagine, quando accompagno il cliente a prendere consapevolezza del suo stato presente o per visualizzare il suo futuro desiderato.
Quando lancio l’esercizio mi ritrovo spesso davanti alla stessa scena: il sorriso mezzo imbarazzato del coachee nel prendere carta, penna e colori.
Da adulti, con l’uso del dominante Pc e il ricorso al digitale, abbiamo chiuso in un cassetto la capacità innata di disegnare. Riprenderla ci fa sentire ‘incapaci’ o ci dà l’impressione che sia una perdita di tempo.
Secondo le neuroscienze, disegnare permette di attivare tutto il cervello, sia la nostra parte cognitiva che quella creativo-emozionale. Disegnare porta a far chiarezza e visualizzare dove sei ma anche a concedersi il tempo di immaginare e di allargare gli orizzonti spesso creati dalla mente. Spingersi al di là dei propri limiti consente di spaziare in nuovi mondi e conoscersi attraverso i colori, le linee, i tratti creativi.
Non occorre essere bravi, fare armoniosi mandala di colore o favolosi schizzi che rendono il soggetto in modo realistico.
E’ una sorta di rituale primitivo che dà sostanza al pensiero e alle emozioni.
Come risuona nel coachee? Ha spesso un effetto dirompente ed inaspettato. Il passaggio della rappresentazione dall’ora e adesso al futuro desiderato trasforma l’iniziale sorriso imbarazzato in un’espressione luminosa. Da lì nasce un vedersi più ricco e un raccontarsi più determinato.